Continua la lotta contro il coleottero che sta devastando le foreste del nord Italia, tra cambiamento climatico e infestazione epidemica
Prima di parlare di Bostrico bisogna tornare all’autunno del 2018. Dal 26 al 30 ottobre, Francia, Italia, Croazia, Austria e Svizzera vengono colpite da un violentissimo uragano, con raffiche di vento estreme e precipitazioni di inaudita intensità: in Veneto, Friuli e Lombardia, oltre che nelle province di Trento e Bolzano, la tempesta Vaia porta con sé straripamenti, inondazioni, tracimazioni, vittime e smottamenti.
Le raffiche di vento, che toccano i duecento chilometri all’ora, schiantano al suolo alcune tra le più belle e famose foreste delle Alpi: se il danno economico è altissimo, quello naturale – con circa 15 milioni di alberi abbattuti – è immenso.
Ed è qui che interviene il bostrico, un coleottero di colore bruno-scuro non più grande di 4 o 5mm, dalla forma cilindrica – nativo delle foreste di conifere dell’Asia settentrionale e dell’Europa – capace di volare fino a quattro chilometri di distanza alla ricerca di alberi adatti alla riproduzione. Un coleottero attratto soprattutto dal legno di abete rosso (Picea abies) la specie che ha maggiormente subìto la violenza distruttiva di Vaia. Eppure, il bostrico è un animale endemico: contribuisce al benessere delle peccete (ovvero i boschi di abeti rossi) perché colonizza alberi malati o sofferenti, inserendosi sotto la corteccia e scavando vere e proprie gallerie lungo il fusto dell’albero. Per riprodursi, il maschio attira le femmine – tramite ferormoni – in una “camera nuziale”: saranno quindi le stesse femmine a scavare nuove gallerie per deporre le uova, tenendo presente che possono deporne più volte in un intervallo temporale di tre settimane.
Alla nascita sarà poi la larva a cibarsi del legno, ampliando quel reticolato di gallerie che non a caso identificano il bostrico come “tipografo” (Ips typographus). La realizzazione degli intricati percorsi del bostrico uccide infatti la pianta, che non riesce più a trasmettere la linfa: gli aghi delle piante diventano prima giallognoli, poi rossiccio-marroncini, e cadono nel giro di alcune settimane. Ma soprattutto il bostrico – che con il cambiamento climatico vede ormai la norma di due generazioni sotto i 1600-1700 metri, che diventano anche tre a quote basse – è capace di interrompere la propria maturazione sessuale durante l’inverno, svernando sotto la corteccia per terminare il processo durante la primavera.
Una volta passata Vaia, l’oggettiva difficoltà di rimuovere dal terreno 8,5 milioni di metri cubi di legname – pari a 7 volte la quantità ad uso industriale che le segherie italiane lavorano in un anno – ha trasformato la presenza endemica del bostrico in una “infestazione epidemica”, iniziata nel 2019 ma esplosa a partire dal 2020. Infestazione che non solo non accenna a diminuire – peraltro la rimozione degli alberi colpiti è la sola e più efficace misura per combattere le infestazioni – ma che dai territori colpiti dalla tempesta si è trasmessa ad aree prima marginalmente o per nulla toccate dagli effetti di Vaia, dove il bostrico ha iniziato ad attaccare gli alberi sani. Una situazione complicata dalla meteorologia del 2022, anno particolarmente caldo e siccitoso: “La diffusione delle aree attaccate dal bostrico e le conoscenze delle dinamiche di tali pullulazioni, lasciano prevedere che l’attacco proseguirà perlomeno anche nei prossimi due o tre anni, con crescente intensità” si legge nel Comunicato regionale del 31 maggio 2022.
- Una situazione complessa è quella della Lombardia, la terza area più colpita per superficie con 4.604 ettari di boschi sotto attacco (di cui il 62%, completamente distrutti) soprattutto nelle zone montane delle province di Brescia, Sondrio e Bergamo. Nel rapporto “Stato delle foreste in Lombardia 2022”, realizzato e presentato da ERSAF nel febbraio 2024, al bostrico è dedicata una specifica sezione: vi si legge che l’infestazione epidemica “proseguita nel 2022 e purtroppo intensificata”, ha colpito anche “aree per nulla o solo marginalmente interessate dall’evento del 2018, come le valli bergamasche. Gravi danni si osservano in particolare in Valcamonica e nella medio-alta Valtellina. Alle quote più basse (dai 900 ai 1200 metri) e nelle valli con elevazione orografica inferiore come la Valsabbia e la Valtrompia, la permanenza dell’abete rosso in purezza è da considerare ormai compromessa”. A ciò si aggiunge il particolare andamento climatico del 2022, che ha innescato gravi fenomeni di stress fisiologico nelle piante ospiti, rese più deboli e più facilmente vittime del bostrico.
Nel 2021, il MIPAAF (il Ministero dell’agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste) ha costituito un tavolo tecnico-scientifico sul bostrico in cui hanno partecipato le strutture competenti in materia di foreste e difesa fitosanitaria di Veneto, Friuli Venezia Giulia, Lombardia, Province autonome di Trento e Bolzano, Università di Padova, CREA, MIPAAF e Servizio Fitosanitario Nazionale, per individuare le azioni e gli interventi più idonei atti a contrastare gli attacchi da bostrico. Regione Lombardia ha parallelamente messo in campo importanti azioni a contrasto dell’insetto tramite l’insediamento di un gruppo di lavoro basato su “linee guida regionali di monitoraggio e lotta” che comprendono segnalazioni sulla presenza di bostrico “da parte dagli Enti territoriali competenti, la redazione di una cartografia tematica e georeferenziata con le informazioni raccolte (in cui ERSAF è direttamente coinvolto a fianco della posa dei punti trappola, ndr), il monitoraggio a diverse scale della presenza del patogeno realizzato attraverso l’analisi di immagini da satellite, nonché l’avvio della campagna sull’evoluzione dell’andamento dell’infestazione su scala regionale,” in raccordo con le altre regioni colpite da Vaia. Senza dimenticare il supporto delle Università di Padova e Vienna.
- Nel corso del 2023, le principali attività finanziate da Regione Lombardia (qui il report 2023) hanno permesso di implementare la rete di monitoraggio “Bostrico 2023”, in collaborazione con il Servizio Fitosanitario Regionale ed ERSAF, oltre a supportare le attività della rete di trappole a feromoni e la produzione di una cartografia tematica incentrata sull’infestazione in Lombardia.
“Il bostrico è endemico nelle peccete, e nel tempo si sono già verificate pullulazioni dell’insetto: Vaia è stata un fenomeno straordinario, ma ciò che più nuoce all’abete rosso, soprattutto in popolamenti monospecifici e lontani dal suo habitat ideale, è il cambiamento climatico, che si riflette nei periodi di siccità e nelle alte temperature” – spiegano al Servizio fitosanitario regionale gli ispettori impegnati nella tematica bostrico. – “Questo è il vero problema: funzionano le trappole con i ferormoni utili per il monitoraggio dell’infestazione, così come funzionano le sostanze chimiche repulsive collocate in ristrette aree, ritenute di particolare importanza, ma rimane il fatto che gli abeti rossi hanno bisogno di piovosità ed inverni freddi. Diversamente, in condizioni di stress la pianta finisce inevitabilmente per richiamare il bostrico: e durante i periodi di intensa pullulazione la cattura massale, eseguita cioè con la finalità di abbattere drasticamente il numero di insetti aumentando a dismisura il numero di trappole posate sul territorio, è di fatto impossibile.”