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Natura

L’Area Vasta della Val Grigna è un’area di eccezionale valore ambientale e naturalistico, caratterizzata inoltre da numerose ricchezze che ne costituiscono un patrimonio culturale, storico ed etnografico assolutamente unico, attestato da testimonianze del passato risalenti addirittura al Periodo Mesolitico, datato tra i 7.000 ed i 8.000 anni fa.

Si tratta tuttavia di una realtà che poggia su di un fragile equilibrio e che, a causa della progressiva perdita di interesse economico per gli ambienti montani, ha sofferto di un graduale abbandono le cui conseguenze hanno portato ad una quasi totale scomparsa dell’identità locale. Saperi, tradizioni e usanze che da sempre hanno caratterizzato questi ambienti oggi si conservano infatti soltanto nelle dieci malghe attive, distribuite su tutto il territorio interessato, che rappresentano l’ultimo baluardo di una cultura ormai dimenticata.

Nella convinzione della assoluta necessità di un concreto intervento di difesa e di recupero e promozione di queste realtà, ERSAF si è fatto carico delle operazioni di rivalutazione, e contemporaneamente di salvaguardia, della foresta regionale e dei suoi patrimoni, ora inseriti all’interno dell’Accordo di Programma denominato “Valorizzazione dell’Area Vasta Valgrigna”, sottoscritto da Regione Lombardia e Provincia di Brescia, dalle Comunità Montane di Valle Camonica e Val Trompia e dai Comuni di Artogne, Berzo Inferiore, Bienno, Bovegno Collio, Esine, Gianico e Prestine.

La formazione delle rocce della Val Grigna risale a circa 280 milioni di anni fa. A quell’epoca la distribuzione dei mari e dei continenti era molto diversa rispetto ad oggi: non esistevano le Alpi né i mari che conosciamo oggi, ma un solo grande continente, denominato “Pangea“, circondato da un immenso oceano, denominato invece “Panthalassa“.

Il territorio dell’Area Vasta Val Grigna si trovava in prossimità di una vasta catena montuosa, la Catena Ercinica, nella quale si trovavano imponenti vulcani. Da 280 a 250 milioni di anni fa questa imponente catena montuosa venne spazzata via dall’erosione e infine sommersa dalle acque del mare.

Ciò che ora compone le creste e le cime dell’Area Vasta si formò sostanzialmente in seguito a due processi: vulcanico e sedimentario. Le rocce vulcaniche sono state prodotte dalla deposizione, solidificazione e compattazione di materiali eruttati da antichi vulcani. Le rocce sedimentarie si sono originate invece in seguito alla deposizione, compattazione e cementazione di materiali prodotti dall’erosione e trasportati dagli agenti atmosferici.

Le formazioni geologiche più significative del territorio dell’Area Vasta sono la “Formazione di Collio“, il “Conglomerato del Dosso dei Galli“, le “Vulcaniti di Auccia“, il “Verrucano Lombardo” e il “Servino“.

Il paesaggio vegetale della Foresta “Valgrigna” è caratterizzato da una copertura boschiva alle quote inferiori del settore settentrionale e occidentale, e dalla diffusione di praterie nei settori più elevati e nei versanti meridionali valtrumplini. I principali tipi forestali sono il lariceto e la pecceta (fustaia di abete rosso). Il primo lo troviamo ampiamente diffuso nell’alta Valle dell’Inferno, dove è andato a ricolonizzare negli ultimi decenni i pascoli posti alla base dei circhi glaciali. Con il suo sottobosco di rododendro ferrugineo offre una spettacolare fioritura all’inizio dell’estate, mentre l’autunno lo accende di un giallo oro che prelude alla quiescenza invernale.

Il larice è meno diffuso nella Valgrigna propriamente detta e in Val Gabbia, dove invece la prevalenza dell’abete rosso, soprattutto alle quote inferiori, è evidente. Si tratta di bellissime foreste di conifere caratterizzate da un sottobosco ricco e ben rappresentato dalle specie boreali che ne testimoniano l’elevato livello di biodiversità e pertanto l’alto valore naturalistico. Particolare è la presenza di una mugheta su suoli silicatici tra il Monte Bresciana e la Punta dell’Arciprete. Non mancano specie particolarmente significative per la loro rarità come Neottia cordata e, soprattutto, la Linnea borealis, recentemente scoperta, nella sua stazione più meridionale delle Alpi Centrali. Altre formazioni “forestali” sono le ontanete ad ontano verde che risalgono i circhi glaciali ed i versanti più freschi delle esposizioni settentrionali e, soprattutto, occidentali.

Le praterie alpine occupano un’ampia superficie in tutti e tre i settori della foresta regionale. Si tratta in buona parte di pascoli di discreto valore zootecnico, ottenuti da disboscamenti di foreste naturali preesistenti. Altrove sono invece praterie molto povere, su suoli superficiali e con forte presenza di affioramenti pietrosi, fino a diventare veri e propri incolti dove il cotico erboso scompare per lasciare posto a versanti rocciosi o macereti.

Un elemento di notevole valore naturalistico sono le diverse torbiere alpine, originatesi dal graduale riempimento di laghetti glaciali, caratterizzate ora da un elevato tenore idrico che impedisce o rallenta l’evoluzione a bosco. Bellissime sono le infruttescenze setolose dell’erioforo somiglianti a tanti fiocchi di cotone emergenti dalla prateria umida. La più estesa torbiera è quella di Rosellino, mentre altre si trovano anche in Val Gabbia. Le torbiere sono importanti per la conservazione della biodiversità perché ospitano specie rare e altamente specializzate, tra le quali la Swertia perennis, nota anche come genziana nera.

Il territorio della Foresta Val Grigna e delle aree ad essa limitrofe ospita una fauna particolarmente ricca e diversificata che fa della zona un’area particolarmente importante dal punto di vista ecologico ed ambientale. In una ideale escursione che, incentrata sulla Valle dell’Inferno, parta orientativamente da una quota di circa 1.000 metri per raggiungere la massima altitudine (2.207 metri) del Monte Crestoso, risulta possibile osservare specie di uccelli e mammiferi talora comuni e numericamente abbondanti ma spesso anche rare per il territorio alpino lombardo. La loro presenza indica e caratterizza i diversi ambienti.

In corrispondenza degli alpeggi disseminati alle varie quote nella valle, tra la prateria e il bosco, si trovano varie specie di uccelli: molte appartengono alla famiglia dei Turdidi, come lo stiaccino, il culbianco, il codirosso spazzacamino, il codirossone, il merlo dal collare e la tordela. Negli stessi ambienti l’attività dell’uomo e la presenza del bestiame domestico nelle malghe crea anche le condizioni favorevoli alla lepre comune, un mammifero attualmente in notevole regressione nella montagna lombarda a causa della caccia. Al margine tra il bosco e l’alpeggio e nelle aree forestali intervallate da radure, trovano l’ambiente ideale anche il capriolo e il cervo. Il primo, specie piuttosto elusiva e di difficile osservazione, è piuttosto diffuso mentre il secondo ha una presenza ancora limitata con tendenza all’aumento grazie anche alle operazioni di ripopolamento effettuate dalla Provincia di Brescia. In queste zone è recentemente comparso anche il cinghiale, per il momento a densità ancora limitata.

Abbandonando gli alpeggi per addentrarsi nelle aree forestali, nei boschi misti di abete rosso e di larice delle quote inferiori, è possibile l’incontro con il francolino di monte e il gallo cedrone, due Galliformi molto importanti dal punto di vista ecologico e gestionale. Sempre in ambiente forestale si trovano anche vari predatori: lo sparviere, l’astore e la martora, un piccolo mammifero arboricolo. Tra i predatori alati vi sono inoltre rapaci notturni come l’imponente gufo reale e la civetta capogrosso, che per la nidificazione sfrutta le cavità scavate negli alberi dal picchio nero. Nella foresta si trovano anche diverse specie di Passeriformi tra cui, solo per citare i più comuni, la cesena, il tordo bottaccio e il tordo sassello, il luì bianco, il luì piccolo, il regolo e il forraccino, la cincia bigia alpestre, al cincia dal ciuffo, la cincia mora, la cinciallegra, l’organetto, il crociere, il ciuffolotto, il frosone, il codibugnolo, il rampichino e la nocciolaia. Tutti questi volatili costituiscono un ulteriore indice di buona strutturazione e funzionalità ecologica della foresta.

Oltre ai numerosi uccelli, nei boschi della Val Grigna, si trovano anche interessanti specie di piccoli mammiferi come lo scoiattolo, il ghiro e vari pipistrelli. A partire dall’estate 2005 l’area viene periodicamente visitata da esemplari di Orso bruno a seguito delle reintroduzioni effettuate nel vicino Parco dell’Adamello Brenta nell’ambito del progetto LIFE Ursus. Altre specie di predatori, di non facile osservazione per le abitudini elusive, sono il tasso, la faina, la volpe e l’ermellino, che si spinge fin alle praterie e pietraie d’alta quota. Risalendo fino alle ultime propaggini della vegetazione forestale, nella fascia di transizione tra gli ultimi larici e gli ontani, si trova il gallo forcello mentre nelle praterie d’altitudine soleggiate, si trova la coturnice delle alpi, presenza rara ma stabile nel comprensorio della Foresta Regionale.

Gli ambienti aperti e soleggiati delle praterie e dei macereti intervallati da rocce sono l’ambiente ideale per il prisopolone e lo spioncello, mentre nei punti più rocciosi si trova lo spioncello. Negli stessi ambienti sono presenti anche due Corvidi, il corvo imperiale e il gracchio alpino mentre tra i mammiferi, se pur con un limitato numero di individui, anche la marmotta, tipico roditore alpino. Nelle praterie e nelle zone rocciose si trova anche il camoscio, la cui espansione è dovuta soprattutto ad alcuni ripopolamenti effettuati tra la Foresta Val Grigna e l’Oasi di Protezione “Baremone”. Un’altra specie importante che frequenta sia gli ambienti forestali sia le praterie è la lepre bianca. Infine, a naturale completamento di una comunità animale tra le più diversificate nell’arco alpino lombardo, non poteva mancare la maestosa presenza dell’aquila reale, l’unico grande predatore presente in zona prima della recente comparsa dell’orso. Al termine del 2018 non si sono ancora registrate segnalazioni di presenza di lupo, ma vista la sua progressiva diffusione anche sull’arco alpino non sarà improbabile la sua comparsa.

I boschi costituiscono il 54% del territorio della Foresta regionale Val Grigna e sono costituiti fondamentalmente da fustaie di conifere: l’abete rosso prevale nei boschi situati nella Val Grigna propriamente detta e nella porzione inferiore della Val Gabbia, mentre alle quote superiori, nelle zone più aspre e rocciose, la specie più rappresentativa è il larice. Questo è ampiamente diffuso anche nella porzione più occidentale della foresta, nelle Valli dell’Orso, di Rosello e Val di Frà, dove forma boschi radi, in parte di recente insediamento alternati ad aree pascolive.

Nelle zone meno accessibili, come i ripidi versanti dell’alta Valle dell’Inferno, è possibile osservare ancora vivi o sradicati dalle intemperie, alcuni alberi di dimensioni monumentali. Sopra ai 1.700 metri i versanti più ombrosi e umidi come quelli che sovrastano l’alpe Rosello o la malga Val Bresciana, sono colonizzati da cespuglieti di ontano verde, mentre in quelli più soleggiati, al larice si associa il pino mugo dal portamento cespuglioso.

Il bosco è stato in passato la fondamentale risorsa energetica per le attività estrattive e siderurgiche dell’area. Sino ai primi decenni del ‘900 gran parte della produzione legnosa veniva trasformata in carbone, come testimoniano le numerose aie carbonili (ajali) tuttora facilmente visibili. Il legname migliore veniva trasportato in segheria mediante i cavalli e nel secolo scorso, fino agli anni Cinquanta, con una lunghissima teleferica che dalla Val Gabbia e dalla Valle di Campolungo, giungeva fino a Bienno. Oggi la Foresta Regionale è costituita per lo più da boschi relativamente giovani, coetanei e monospecifici con una consistenza stimata in oltre 100.000 metri cubi di legname. Il piano di assestamento che ne regola la gestione prevede la possibilità di tagliare circa 4.000 metri cubi di legname nel quindicennio 2009 -2023, utilizzando così una minima parte della produzione legnosa annua.

Di fatto, a causa dello scarso di valore economico del prodotto legnoso posto in luoghi che comportano elevati costi per l’esbosco, da parecchi anni che non vengono effettuati tagli significativi ed il bosco, non più regolarmente rinnovato, si sta avviando verso una situazione di difficile gestione.

La pratica dell’alpeggio consiste nel trasferimento durante il periodo estivo di bestiame e del  personale che lo accudisce sui pascoli più alti, non praticabili nelle altre stagioni.

Generalmente un alpeggio è dotato di più “stazioni” poste a diverse quote e dotate di ricoveri per gli uomini e talvolta per gli animali nonché di locali per la lavorazione del latte e la conservazione dei latticini. In gran parte del territorio dell’Area Vasta Valgrigna il locale adibito alla stagionatura dei formaggi prende il nome di “Silter”, da cui deriva la denominazione del formaggio nostrano prodotto nella zona, oggetto del recente riconoscimento di D.O.P. .

Gli alpeggi rivestono un ruolo di grande importanza per la montagna alpina in generale e per la nostra in particolare, non solo per gli aspetti economici legati alla produzione di latticini e di carne, ma anche perché hanno creato e mantengono un paesaggio caratteristico, che è un riflesso da tutti apprezzabile della grande varietà vegetazionale ed ecosistemica che la loro presenza ha creato.

L’alpeggio, pur trasformato negli anni recenti da innovazioni che hanno portato maggior decoro, salubrità e tecnologie alle strutture, custodisce infine un grande patrimonio culturale, storico ed etnografico.

Nel territorio dell’Area Vasta sono presenti circa 34 alpeggi, in gran parte di proprietà pubblica, comunale e regionale, per i quali molto si è lavorato nell’ambito dell’accordo di programma, sia in termini di miglioramento delle strutture e dei servizi, sia in termine di valorizzazione della professionalità degli addetti.

La Zona di Protezione Speciale (ZPS) Val Grigna, codice identificativo IT2070303, è stata istituita con DGR n. 19018 del 15/10/2004, che ne affida la gestione ad ERSAF. Essa coincide esattamente con la Foresta Regionale “Val Grigna” e si estende per 2.873 ettari, nei comuni di Bienno, Berzo Inferiore, Bovegno, Esine e Gianico, in Provincia di Brescia, nelle Comunità Montane di Valle Camonica e Val Trompia.

Le caratteristiche del sito sono contenute nel Formulario standard: Formulario Natura 2000 (vedi la sezione allegati in questa stessa pagina)

La gestione della fauna selvatica, una delle funzioni recentemente passate in capo dalle Provincie alla Regione, deve essere legata una visione che sappia cogliere le complessità che lega una specie al suo habitat e alle attività dell’uomo sul territorio.

Nel tradurre localmente l’obiettivo della salvaguardia della biodiversità, oggi universalmente riconosciuto e condiviso, un ruolo primario è svolto dalla pianificazione e programmazione faunistico venatoria, che si attua mediante piani a scala provinciale.

Nella Foresta regionale Val Grigna, nucleo centrale dell’area vasta, vige il divieto di caccia e negli ultimi anni si riscontra un sensibile arricchimento in termini numerici degli ungulati presenti (camoscio, cervo e capriolo). Non manca il cinghiale i cui effetti dannosi sono più marcati nelle aree esterne, mediamente a quote inferiori. Assai significativa è anche la presenza dei galliformi alpini.

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