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Il Progetto CRAINat - LIFE08 NAT/IT/000352

Budget: 3.086.259 euro - Contributo EU: 1.538.191 euro

ERSAF è stato partner del progetto CRAINat, finanziato nell'ambito del programma comunitario LIFE+ 2008, e che ha avuto come finalità principale la realizzazione di specifiche azioni di tutela e conservazione di Austropotamobius pallipes, il gambero di fiume autoctono.

Il progetto è stato realizzato, tra il 2010 e il 2014, sotto il coordinamento della Provincia di Chieti all’interno di 47 Siti di Importanza Comunitaria (SIC) sia nel Nord che nel Centro Italia, congiuntamente con i partner Regione Lombardia, ERSAF, Regione Abruzzo, Provincia di Isernia, Parco Nazionale Gran Sasso Monti della Laga e Fondazione Mario Negri Sud. Gli habitat coinvolti sono rappresentati essenzialmente dai reticoli idrografici superficiali minori interni alla Rete Natura2000.

Gli elementi di pressione sulla specie, ad alta priorità di conservazione essendo inserita negli Allegati II e V della Direttiva 92/43/CEE “Habitat”, sono quelli che, singolarmente o in sinergia tra loro, rappresentano le minacce concrete alla sopravvivenza della specie: diffusione di specie invasive di gambero alloctone (con conseguente riduzione degli spazi vitali e diffusione di malattie come la peste del gambero - afanomicosi - che spesso porta alla moria di intere popolazioni in tempi brevi), dalla pesca di frodo, dall’inquinamento delle acque e l’alterazione degli ambienti fluviali (semplificazione della morfologia, riduzione delle portate, cementificazione degli alvei), dal riscaldamento globale, che nel periodo estivo porta alla riduzione o alla totale interruzione della portata d’acqua dei fiumi e al riscaldamento dell’acqua.

Nell’area Lombarda di progetto sono stati coinvolti, tramite ERSAF, i seguenti Enti gestori di Siti Natura 2000 - i link in elenco portano ai pannelli descrittivi delle attività condotte nei singoli ambiti territoriali:

Gli obbbiettivi, le fasi del progetto e i risultati raggiunti sono tratti dalla Piattaforma delle conoscenze del Ministero dell’ambiente.

Gli obiettivi perseguiti sono stati: 

• conservazione e recupero delle popolazioni di gambero di fiume autoctono attraverso interventi di reintroduzione/rinforzo faunistico (sensu IUCN);

• realizzazione di siti sperimentali semi-naturali per la riproduzione e la stabulazione dei gamberi, denominati source area;

• riqualificazione fluviale mediante tecniche di ingegneria naturalistica;

• contenimento/eradicazione delle specie alloctone;

• produzione di un regolamento condiviso e uniforme per la conservazione della specie;

• formazione degli operatori territoriali sulle attività e tecniche di conservazione e gestione della specie;

• sensibilizzazione dei portatori d’interesse e delle comunità locali sull’importanza della biodiversità e della sua protezione attraverso un piano di educazione ed informazione ambientale.

L’attività principale in termini di conservazione attiva è consistita in azioni specifiche finalizzate alla produzione di esemplari giovanili e alla loro immissione, in alcuni casi insieme a soggetti riproduttivi, in ambienti acquatici giudicati idonei alla loro sopravvivenza. Accanto a queste azioni ne sono state svolte altre di gestione della specie, come: ricognizioni della presenza e consistenza della specie sui corsi d’acqua dei SIC coinvolti, attività di caratterizzazione genetica, di monitoraggio e di contenimento delle specie alloctone, manutenzione e ripristino degli habitat.

Nell’ambito del progetto sono state realizzate oltre 60 azioni, raggruppate in 5 categorie:

Azioni preparatorie: hanno riguardato la pianificazione tecnica delle attività e la progettazione delle strutture di riproduzione, lo sviluppo delle competenze e la formazione degli operatori territoriali. Tutti i seminari focalizzati sul progetto, sulla Rete Natura 2000 e sulla tutela del gambero di fiume (aspetti ecologici, sanitari, conservazionistici, ecc.) hanno previsto una fase teorica ed una fase pratica, quest’ultima quasi sempre svolta presso i centri di riproduzione CRAINat. In questa fase del progetto è stato, inoltre, predisposto ed adottato l’Action Plan sul gambero di fiume.

Acquisto di terreni e/o diritti: sono state identificate le aree per la realizzazione delle source areas (nursery naturali) in Abruzzo e Molise. Non è stato necessario avviare procedure di acquisto in quanto le aree sono state messe a disposizione dai Comuni di Sesamo del Molise, Rocca di Mezzo in Abruzzo e dall’amministrazione del Comune di Capestrano.

Azioni concrete di conservazione - volte a salvaguardare il gambero di fiume (contrastando le minacce e favorendo un incremento delle popolazioni autoctone presenti) - hanno riguardato in particolare, l’attivazione di centri di riproduzione, la realizzazione delle source areas e degli stagni multifunzionali. Sono state create task force per la traslocazione delle popolazioni a rischio ed è stato seminato il novellame ottenuto nei centri di riproduzione. Inoltre, è stato determinato il deflusso minimo idoneo alla vita del gambero di fiume nei SIC individuati, sono state svolte attività di antibracconaggio ed effettuati interventi di riqualificazione degli habitat.

• Azioni di comunicazione e divulgazione dei risultati rivolte a target differenti (scuole, cittadini, associazioni di settore). In particolare, sono stati realizzati: pannelli didattici - informativi, scambi di esperienze, progetti di educazione ambientale al fine di trasferire i risultati e le tecniche apprese a tutte le parti interessate e migliorare lo stato di conoscenza sul gambero di fiume e sulla Rete Natura 2000 in generale.

Gestione e monitoraggio: in particolare, sono state realizzate attività di monitoraggio delle azioni di conservazione per la verifica dell'efficacia (qualitativa e quantitativa) di quanto realizzato nel corso del progetto.

Il progetto CRAINat ha contribuito all’implementazione e all’aggiornamento delle tecniche di allevamento e di monitoraggio delle popolazioni di gambero di fiume e del loro stato di conservazione. In particolare, sono stati realizzati impianti di allevamento caratterizzati da una gestione estremamente semplice e poco onerosa ma in grado di garantire lo stato di salute della specie. Le due tipologie di allevamento semi naturale (stagni esterni) e artificiali (vasche interne) sono facilmente replicabili in altri contesti con costi economici contenuti, così come gli stagni multifunzionali e le “source area”. Sia gli interventi diretti sul gambero (reintroduzioni e traslocazioni), sia quelli sull’habitat hanno portato benefici diretti alla specie aumentando il numero di popolazioni e intervenendo sui fattori di rischio (minacce).

Fra i risultati a lungo termine si evidenzia l’esperienza maturata nella gestione e nel contrasto dell’afanomicosi, che si è manifestata più volte e in diversi territori nell’arco di vita del progetto. Tale fenomeno se da un lato ha comportato delle problematiche dall’altro ha permesso la messa a punto di una metodologia sia di prevenzione e sia di intervento divenuta ormai prassi consolidata con il suo inserimento nel Piano d’Azione, adottato dal partenariato e diffuso a tutti i portatori d’interesse del settore.

 Tra i principali risultati prodotti dal progetto si evidenzia:

• La realizzazione di 7 centri di allevamento con caratteristiche differenti (stagni esterni, vasche interne) hanno rappresentato una buona casistica per valutare attentamente quali strutture fossero le tipologie più vantaggiose non solo in termini di produttività (numero di piccoli nati), ma anche in termini di costi e gestione degli impianti. Si è dimostrato che gli stagni esterni hanno una gestione molto più semplice e meno onerosa rispetto alle vasche interne, poiché non è necessaria un’attenta e costante valutazione dello stato di salute degli animali che si trovano in un ambiente semi naturale.

La caratterizzazione genetica delle popolazioni ha fornito fondamentali indicazioni nella gestione delle popolazioni e delle reintroduzioni. Tali analisi hanno permesso d’individuare le “Evolutionarily Significant Units” delle vere e proprie unità sistematiche.

• La valutazione del deflusso minimo vitale ha permesso di svolgere analisi sullo stato di conservazione dell’habitat in funzione delle portate defluenti. Le criticità emerse nel corso del progetto derivanti dalle captazioni e dalle scarse precipitazioni hanno messo in evidenza la necessità di usufruire di uno strumento gestionale che fosse applicabile in piccoli corsi d’acqua e rii.

• Lo studio generale e la ricognizione delle specie di gambero ha permesso in Lombardia di evitare prelievi nei SIC con popolazioni con densità insufficiente. Mentre nelle Regioni centrali i monitoraggi hanno consentito di acquisire rilevanti informazioni sulla distribuzione del gambero autoctono nel territorio del Parco Nazionale Gran Sasso e Monti della Laga, mostrando in particolare come la specie si spinga anche a quote più elevate rispetto alle comuni esigenze ecologiche del gambero, purché gli ambienti siano di qualità complessivamente idonea e ricchi di microhabitat rifugio. 

La realizzazione delle “source area” nelle regioni centrali e degli stagni multifunzionali sono stati tra gli aspetti più innovativi del progetto. Le “source areas” sono costituite da canalizzazioni a diretto contatto con i corsi d’acqua, ove il flusso idrico rallenta e consente lo sviluppo di condizioni ambientali ottimali per la riproduzione dei riproduttori ivi immessi e la successiva diffusione dei nuovi nati nei corsi d’acqua adiacenti. Sono aree dove la specie può anche trovare rifugio ed eventualmente colonizzare i corsi limitrofi. 

• E’ stato favorito lo stato di conservazione del gambero in 8 SIC aumentando il numero di popolazioni e intervenendo sui fattori di rischio (minacce). Le azioni di riqualificazione ambientale che hanno coinvolto 7 corsi d’acqua in altrettanti SIC con interventi volti al miglioramento e alla connettività fluviale hanno prodotto un immediato beneficio all’habitat e di conseguenza alla specie. 

7 interventi di riqualificazione e riconnessione dell’habitat della specie in Lombardia e 3 nelle Regioni del Centro, che hanno migliorato lo stato di conservazione dell’habitat attraverso, ad esempio, il posizionamento di protezioni, creando una nuova vegetazione ombreggiante, ecc..

• Sono stati realizzati corsi di formazione per gli stakeholders e i gestori delle aree protette coinvolte nel progetto che hanno permesso la costituzione di gruppi d’intervento - task force – (6 in Lombardia e 4 nel Parco Nazionale Gran Sasso e Monti della Laga) per la traslocazione temporanea dei gamberi nel caso di condizioni ambientali non idonee e che hanno consentito di avere un presidio permanente e attivo capace d’intervenire nelle aree di progetto, in caso di condizioni di criticità, per le popolazioni di gambero attivando il “protocollo di traslocazione”.

Il problema dell’afanomicosi ha altresì aumentato la consapevolezza dei portatori d’interesse circa il cambio di abitudini nel trattare la specie e il suo habitat. Per esempio, le ASL e le associazioni di pescasportivi hanno preso consapevolezza sulle misure da adottare per evitare interferenze pericolose. Inoltre è notevolmente accresciuta la sensibilità nei confronti della necessità di combattere il fenomeno del bracconaggio. La maggiore consapevolezza dei corpi permanenti di controllo ha prodotto effetti positivi diretti sulla salvaguardia della specie.

L’Action Plan per la conservazione di Austropotamobius pallipes in Italia è il principale documento scientifico prodotto nell’ambito del progetto in grado di fornire agli enti competenti, indirizzi e linee guida per la corretta tutela del gambero di fiume; gli studi compiuti hanno permesso di aumentare le conoscenze scientifiche riguardo alla specie, ad esempio la valutazione specifica riguardo al deflusso minimo vitale per la specie ha favorito lo sviluppo di maggiori competenze e conoscenze da parte di: operatori locali, studenti, turisti, enti gestori sulla conservazione del gambero di fiume e sull’importanza della biodiversità e della sua protezione, attraverso la realizzazione di: 5 seminari formativi in Lombardia e 28 seminari formativi teorico-pratici nelle Regioni centrali con il coinvolgimento di 577 partecipanti (insegnanti, Corpo forestale dello Stato).

• Nell’ambito di CRAINat è stata applicata per la prima volta la metodologia a meso-scala (MesoHABSIM - Mesohabitat Simulation Model) alla specie Austropotamobius pallipes complex per la valutazione del deflusso minimo idoneo alla specie. Questa metodologia offre numerosi vantaggi rispetto ai metodi tradizionali, in quanto consente di simulare la variazione dell’habitat disponibile per l’ecosistema acquatico in funzione della portata defluente anche in casi di morfologie complesse e pendenze elevate; inoltre, permette l’uso di una vasta gamma di variabili ambientali per la descrizione dell’habitat fluviale, consentendo, dal punto di vista biologico, un’esauriente analisi sia a livello di specie, sia di comunità acquatica. Inoltre, questo modello rappresenta uno strumento gestionale e di controllo utile per i gestori delle aree protette. Infatti, quantificare il deflusso minimo in funzione dell’ambiente rappresenta un passaggio importante per la salvaguardia e la gestione della specie e dei suoi ambienti.

La metodologia MesoHABSIM sviluppata nell’ambito del progetto è stata utilizzata dal progetto LIFE+ GESTIRE (LIFE11 NAT/IT/00044) della Regione Lombardia mentre le caratteristiche di costruzione dei centri di allevamento definite dal progetto LIFE CRAINat sono state utilizzate come riferimento sia per l’allevamento in incubatoio che in semi-intensivo all’aperto dal progetto LIFE+ TEN (LIFE11/NAT/IT/000187) per la reintroduzione in Trentino di questa specie.

Pannelli didattici

Ulteriori approfondimenti

European Commission (Eng)

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