Ultimato il “Monitoraggio Pollini Apiari – Report Campagna 2022”, curato da ERSAF in collaborazione con APILOMBARDIA e AAL – l’Associazione apicoltori lombardi – per avere informazioni su quale sia la dieta preferita dalle api che vivono in contesti agricoli
Le api e la Lombardia: i dati contenuti nel Sottoprogramma Apistico Regione Lombardia 2023-2027 dicono che a fine dicembre 2021 la Lombardia contava “circa 8.200 ‘pastori delle api’” tra professionisti e hobbisti, e 158.341 alveari, con una tendenza all’aumento rispetto agli anni precedenti. “Gli apicoltori professionisti che si dedicano alla commercializzazione sono poco più di 3.000, e detengono oltre 100.000 alveari”, mentre non solo a livello regionale “l’allevamento apistico è oggetto di crescente attenzione, sia per le produzioni di riconosciuta qualità, che per l’attività impollinatrice delle api funzionale alle produzioni agricole e al mantenimento della biodiversità vegetale, nonché per la funzione di ‘sentinella biologica’ riguardo all’impatto dell’attività antropica sull’ambiente”.
Le api come sentinelle biologiche, per l’appunto. Ma se conosciamo il ruolo fondamentale che le api posseggono in quanto impollinatori, ci siamo mai chiesti quanto interessano le nostre colture alle api e quali siano le specie più appetite?
Una domanda a cui ERSAF ha provato a rispondere con un rapporto – il “Monitoraggio Pollini Apiari \Report Campagna 2022” – curato da Giulia Lussana, Paolo Alberti, Tommaso Porro ed Elena Tondini, sotto il coordinamento della dirigente di ERSAF Uta Biino.
“Per rispondere alla domanda su quanto interessino alle api la nostre colture, ERSAF ha istituito 9 stazioni di raccolta del polline in apiari sparsi per la Regione Lombardia e rappresentativi di diversi sistemi agro colturali quali seminativi, foraggero-zootecnici, frutticoli, e viticoli” – spiega Giulia Lussana, che lavora nella Struttura di innovazione e ricerca per le filiere di ERSAF. – “Il polline è stato raccolto tramite delle trappole poste all’ingresso di alcune arnie della famiglia di api, in ciascuna località rappresentativa di un diverso sistema colturale. Le trappole hanno il compito di trattenere il polline raccolto dall’ape durante il suo viaggio: tramite analisi chimiche e botaniche effettuate su campioni settimanali, è quindi possibile risalire ai generi botanici preferiti dalle api nei vari periodi della stagione, e valutare se il polline contenga dei residui di fitofarmaci, rimasti ‘aggrappati’ al polline raccolto.”
Un rapporto, quello realizzato da ERSAF nelle campagne di monitoraggio del 2021 e 2022, che ha permesso di rilevare come le superfici coltivate dall’uomo, adibite ad esempio a mais, soia e frumento, possiedano un basso gradiente di interesse per le api: sono indicativi i dati della stazione di raccolta di Bordolano (CR), dove i seminativi come mais, soia e frumento costituiscono solo il 22% delle specie complessivamente rilevate, a fronte delle specie ornamentali o selvatiche che le api dimostrano di preferite nettamente. Ma non solo.
“In laboratorio sono stati analizzati i granuli pollinici alla ricerca di residui di fitofarmaci,” continua Giulia. “Abbiamo potuto constatare come la primavera risulti essere il periodo dove le contaminazioni sono più frequenti, sia pur limitate. Questo per due motivi: il primo è che l’abbondanza di fioriture determina una maggiore raccolta di polline, mentre il secondo è che temperature miti e umidità tipiche della stagione sono condizioni favorevoli per l’insorgenza di malattie, che spingono gli agricoltori a difendere le loro colture e ad utilizzare maggiormente vari fitofarmaci, che potrebbero essere ritrovati nel polline in concentrazioni maggiori. In generale però, si può dire che i ritrovamenti di principi attivi siano stati individuati poco di frequente e generalmente si trattava di fungicidi, mentre gli insetticidi sono stati ritrovati di rado e spesso si trattava di principi attivi non legati alle colture agrarie ma ad altri target, come per esempio le zanzare.”
Un ulteriore elemento riguarda l’intento “di produrre una carta del potenziale apistico del territorio lombardo, informazione che non appare dagli strati cartografici attualmente disponibili, finalizzati a descrivere l’uso del suolo per macro categorie di coltivazioni e foreste, e dunque privi delle informazioni necessarie a rappresentare le disponibilità di specie utili alle api e agli impollinatori in genere” – aggiunge Tommaso Porro, che del rapporto ha curato l’apporto cartografico. – “L’intento era non solo quello di comprendere la relazione tra i pollini bottinati dalle api e il gradiente di apprezzamento delle coltivazioni agrarie e delle specie forestali – elemento su cui la bibliografia di riferimento è relativamente esigua – ma soprattutto quello di focalizzarci sul territorio lombardo, in modo da comprenderne specificità, necessità e potenziale.”
“Sono adesso arrivati i dati del 2023, e ci stiamo preparando ad analizzarli con la speranza di poter proseguire con questo progetto, realizzato in collaborazione delle associazioni APILOMBARDIA e AAL, l’Associazione Apicoltori Lombardi, anche nel 2024” – spiega Paolo Alberti, che si è occupato dell’aspetto legato ai fitofarmaci. – “La prospettiva di questo studio è originale, ed è legata a un territorio specifico: ma la sua valenza è anche soprattutto pratica, perché potrebbe aiutare le amministrazioni cittadine a orientare le proprie scelte, appoggiandosi magari a specialisti del settore. Pensiamo ad alcune potature eccessive di molti alberi urbani: i tigli e i loro fiori, ad esempio, per le api sono estremamente importanti. Esserne privati, è un danno per le api ma allo stesso tempo per gli alberi…”
Un lavoro che evidenzia quindi la necessità di diffusione di modalità di buone pratiche di esecuzione dei trattamenti anche in contesti al di fuori di quelli agricoli, mentre in futuro ERSAF mira a creare una mappa che mostri quanto sia favorevole il territorio lombardo per l’apicoltura, con l’obiettivo di raccogliere informazioni dettagliate sulla presenza di piante selvatiche e ornamentali, fondamentali per la sopravvivenza delle api anche in contesti prettamente agricoli.
”I risultati delle analisi del polline forniscono elementi utili per suggerire agli agricoltori come gestire le aree incolte – affinché mantengano e potenzino il loro contributo al nutrimento delle api e degli impollinatori in genere – e alle municipalità cittadine su come indirizzare la scelta delle piante ornamentali tra quelle che le api prediligono, contribuendo così a creare aree verdi urbane più accoglienti per loro, considerato che si sono rivelate un supporto nutritivo inaspettatamente gradito e utile in periodi in cui mancano altre fioriture selvatiche. Altro elemento importante da segnalare ai gestori delle aree antropizzate (sia Comuni che amministratori privati) sono le buone pratiche da seguire per i trattamenti per la lotta alle zanzare, prediligendo larvicidi nelle caditoie anziché trattamenti adulticidi nelle aree verdi,” conclude Uta Biino.